The price for your betrayal, Max Green/Ronnie Radke, PG-13, oneshot

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Annie [Redrum]
view post Posted on 25/8/2010, 15:34




Titolo: The price for your betrayal
Autrice: Annie [Redrum]
Fandom: RPF Escape The Fate/RPF Falling In Reverse
Personaggi/Pairing(s): Max Green; MaxGreen/Ronnie Radke; (citata Lexus Amanda, ex ragazza di Max, e Michael Cook, il ragazzo ucciso nella rissa in cui Ronnie è stato coinvolto e per cui è stato messo in carcere [fonte: wikipedia])
Rating: arancione
Genere: Introspettivo, Angst
Warnings: oneshot, tematiche delicate, linguaggio, slash, non betata
Credits/Disclaimer: il titolo è preso da una strofa della canzone “Your betrayal” dei Bullet For My Valentine (E sì, faccio schifo coi titoli) . Gli Escape The Fate non mi appartengono - vorrei anche vedere -, non li conosco, non voglio offenderli, niente di quel che ho scritto è successo o accadrà mai, non ci lucro e blabla.
Crossposted: EFP
Note iniziali: okay, sono una profana di questo fandom e di questa coppia, lo dico subito. Lo so, non è una giustificazione nel caso la fanfic vi faccia schifo, ma lo annuncio a titolo informativo ^^''
Tutto quello che so del canon di questi due l'ho saputo da Ory_Stardust_95 (che ringrazio per tutto! <3) e ho cercato di usarlo senza scendere troppo nei dettagli. Primo perchè le lacune riguardo ai fatti realmente accaduti sono tante – troppe – e anche cercando su internet non si trova poi molto. Secondo perchè, come dicevo, entro in questo fandom in punta di piedi e non volevo strafare.
Perciò mi sono mantenuta molto sul vago, accennando situazioni, rapporti, fatti e cosacce, in modo molto raffazzonato, al solo scopo di scrivere un missing moment post-Ronnie.
Perdonatemi per questo ^^''
Buona lettura!




Max si chiude la porta alle spalle con un colpo secco del chiavistello, prima di frugarsi freneticamente nelle tasche con la foga convulsa dettata dalla fretta.
Fa cadere la polvere sul ripiano, con dita tremanti, e si china: una narice e poi l'altra, inspira forte tutto ciò che può.
La botta è simile a una scarica elettrica, ma a intensità bassa, infinitamente più bassa del solito e quello è il segnale – pessimo – che anche quella roba che ha appena sniffato tra un paio di settimane non gli basterà più e dovrà farsi di merda più pesante.
I muscoli comunque gli si rilassano istintivamente alla sola idea di aver tamponato per – due ore, due minuti, un secondo – un po' i sintomi devastanti dell'astinenza.
Respira. Respira, Max.
Ora il battito si regolarizzerà, poco a poco, respirare sembrerà più facile – più di quanto sembri di solito - , e il casino nella testa – i rumori, lo stridìo, la nebbia, Ronnie – si scolorerà pian piano, sfumando in un bianco pacifico e familiare.
Tutto tornerà al proprio posto.
O almeno, a quello che Max ha deciso che sia.
Appoggiato al lavabo, di fronte allo specchio, ride.
Una risata nervosa, uno sbuffo cattivo, privo di qualsiasi allegria.
Guarda quella miseria che si trova davanti e ride di se stesso.
Dei suoi capelli sudati con la ricrescita di almeno cinque centimetri, del viso talmente bianco da far impallidire le piastrelle del cesso, delle occhiaie scure – così non ti servirà darti l'eyeliner, giusto Maxie? - e delle iridi opache, mortalmente stanche.
Chissà se anche Ronnie riderebbe, a vederlo così, a vederlo avere ciò che si merita.
D'un tratto, senza motivo apparente, Max ricorda l'ultima volta in cui lo ha visto felice, come se Ronnie gli stesse davanti, dentro il proprio riflesso allo specchio.
Oh, sì, Max può vedere perfettamente la linea che prendevano le sue labbra - una curva spezzata da un ghigno che in molti considerebbero ridicolo definire sorriso.
Eppure in quella piega storta della bocca, Max ci leggeva il mondo intero.
E allora, come ha potuto farlo – abbandonare Ronnie, lasciarlo indietro, cacciarlo dalla band in quel modo ipocrita e codardo?
I migliori amici non tradiscono. Gli amanti non tradiscono.
Con una pugnalata tra le scapole gli avrebbe fatto meno male.
Ma, prima di questo, com'era cominciato, tutto?
Come aveva fatto Max a ritrovarsi spaurito e perso in un tornado caotico, allucinato, brulicante che a stento gli ricordava la propria vita?
Come avevano fatto, lui e Ronnie, a portarsi così vicino al ciglio dell'autodistruzione, tenendosi per mano a occhi chiusi e riuscendo per un soffio a fermarsi?
I primi concerti grossi. Pubblico impazzito. Folle adoranti. Casino. Ronnie che sorrideva in quel modo tutto suo, sufficiente a illuminare una stanza, agli occhi di Max. Gli strumenti prima caricati su piccoli van, poi in tourbus sempre più enormi.
Il giorno che non si distingueva più dalla notte se non per il fatto che, forse, le loro facce erano un po' meno sbattute dagli eccessi se si concedevano un paio d'ore in più di sonno.
Lo stress. L'alcol che aveva sostituito l'acqua ad ogni ora della giornata e su ogni palco.
Il progressivo estraniarsi da tutto, storditi dalle luci sfolgoranti del successo.
E la droga.
Era iniziata come iniziano tutte le dipendenze.
Per gioco, per depressione, per curiosità, per sfida, per dimenticare, per non vedere.
Per tutte queste cose assieme.
Non è importante il motivo, ma la scelta.
Una volta fatto il passo, una volta che senti il veleno scenderti in gola, corroderti la pelle e il cervello e ne vuoi sempre di più, è troppo tardi: capisci di essere in catene, e se non riesci a tirartene fuori subito, puoi solo affondare sempre più in basso.
Con Ronnie. Sempre insieme.
Max era arrivato a pensare, nel proprio delirio personale, che non importasse.
Non importava che lui e Ronnie fossero sempre più distanti dagli altri membri della band, che si fossero isolati nel loro paradiso-inferno, fatto di luci sintetiche, di pensieri di una rabbia viscerale e muta, di apatia ed euforia a braccetto.
Non importava, perchè erano insieme.
Nonostante le infamate, i litigi, gli urli – a volte persino i pugni e i graffi – Ronnie tornava sempre da Max – più distrutto, più stanco, più bisognoso di lui, più fatto di prima – e Max era lì, a tenerlo stretto nel suo abbraccio troppo debole e sgraziato, per poi trovarsi a fare l'amore in quel modo disperato e tutto loro.
Singhiozzi soffocati sulla bocca dell'altro, tremiti convulsi al ritmo delle spinte, e sudore e lacrime e la loro giovinezza fatta a pezzi ogni giorno che passava, nel sapore dolceamaro di un nuovo bacio sporco di tristezza inspiegabile.
A volte, Max aveva il terrore che la loro relazione si basasse solo su quello – la dipendenza dalla droga e dal difendersi l'un l'altro, nascosti dalle mura di un castello di illusioni – e che non fosse realmente il risultato di anni e anni di amicizia e di attrazione – mentale e fisica - reciproca.
Gli veniva una paura fottuta, una paranoia assillante che gli perforava il cervello e gli ammorbava i sogni – una sensazione troppo simile alle allucinazioni date dalla droga – e in tutto quello spuntava sempre la figura di Ronnie.
Ronnie di spalle, Ronnie che se ne andava via, lontano dalla band, da tutto.
Da lui, Max.
Strapparsi via dalle ossa quella sensazione era impossibile: dopo l'ennesimo trip, dopo l'ennesima crisi, quei pensieri riprendevano a scorrergli come sangue infetto nelle vene, assieme al desiderio malato di voler solo smettere di sentire.
Il calore di Ronnie.
I suoi occhi che giorno per giorno diventavano più opachi, le guanche sempre più magre e incavate.
Il suo dolore nella voce, che si imprimeva sui riff di chitarra con urla roche e necessarie a sopravvivere, anche solo per un'ultima canzone.
I suoi errori, le sue bugie - così ridicolmente deboli, ma delle quali Max era anche infinitamente, pateticamente bisognoso.
“Andrà tutto bene. Ne usciremo. Questa è l'ultima merda che ci spariamo, promesso.”
E alla fine era successo ciò che Max più temeva: quel periodo di equilibrio perennemente instabile non era durato, la droga e i casini avevano separato definitivamente anche loro due, anche se non nel modo in cui si sarebbe aspettato.
Quel ragazzo, Michael. E' morto.
Morto.morto.morto.
Il corpo di Max è percorso da brividi freddi e da una nausea crescente che non ha nulla a che vedere con la roba che ha buttato giù.
E' costretto a sedersi per terra, contro il muro, le ginocchia che si stringono istintivamente al petto e si fanno allacciare da braccia tremanti.
Non aveva mai visto tanto sangue in tutta la sua vita.
E sembrava sgorgare via lento, prosciugando la vita di Michael allo stesso modo in cui la luce stava sparendo dagli occhi di Ronnie e di Max.
Michael era morto, Ronnie era finito in carcere qualche tempo dopo, e Max aveva capito in un improvviso momento di tetra lucidità che quella era la goccia.
Non poteva continuare così.
Doveva tornare libero, con o senza Ronnie.
Era l'occasione per ricominciare a splendere, per riprendere a respirare senza quel dolore costante che era la sua presenza, senza il continuo oblio instabile della droga.
Da vigliacco, da bastardo e parassita qual era, aveva tradito Ronnie, cacciandolo dalla band, ricominciando con un nuovo cantante, fingendosi qualcuno che non era solo per avere l'illusione di essersi ripulito da tutta la merda in cui erano affondati insieme.
Aveva iniziato a disintossicarsi, aveva conosciuto Lexus, e le prove con la nuova line-up procedevano alla grande.
Per un po' aveva funzionato.
Eppure alla prima occasione, Max c'era ricaduto.
Ci sono ancora dentro.
E ora, come un fottuto prezzo da pagare per il proprio tradimento, è come se Ronnie fosse con lui sempre, sotto forma di spettro suadente, la sua voce familiare ad accompagnarlo ad ogni passo sbagliato, a ricordargli che quelli come noi non cambiano mai, Max, ce l'hanno dentro, il marcio e a cantargli sotto pelle la melodia insana del bisogno di farsi.
Max serra la mandibola e pianta le unghie nei palmi, la testa appoggiata alle ginocchia.
No. no. no.
Ronnie non dovrebbe esserci.
Non dovrebbe sorridere.
Dovrebbe scomparire, come l'ombra sbiadita di un brutto incubo che svanisce all'alba, assieme agli strascichi delle crisi d'astinenza.
Dovrebbe essere un passato lontano anni luce, l'errore più grande di Max, ciò che più si è imposto di odiare.
Eppure, Ronnie è proprio lì, rinchiuso nelle bugie che Max racconta a se stesso, serrato in un paio di occhi verdi, che ancora una volta si riempiono di lacrime e si chiudono, nel tentativo disperato di scacciare il dolore e l'immagine di quel sorriso.
 
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Blaise_sl
view post Posted on 13/12/2010, 23:14




Allora, io non conosco la storia di questi due, non conosco le band e sono molto più profana di te.
Però posso commentare lo stesso questa storia. Perchè è profonda, è riflessiva, lucida nel casino immane e delirante dato dalla droga.
Mi piace. Diretta, allucinante, triste, un sacco di cose insieme che, davvero, rendono perfettamente l'idea di una persona che si trova in quella merda fino al collo.
La trovo vera, sincera, e il punto di vista dal quale è raccontata rende tutto più crudo, agghiacciante e vero allo stesso tempo.
Hai fatto un lavoro stupendo, cara! ♥♥♥
 
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1 replies since 25/8/2010, 15:34   131 views
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